9.2.12

L’ARRABBIATO


Sono morto incazzato, fanculo, questo legno non dà spazio. Manca l’aria dove sono, mi chiedo come faccia ancora a respirare. Niente sento oltre i pianti di vedove innamorate, singhiozzano sempre, ancora. Che fastidio con i  grani dei  rosari. Che dolore, nessuno che piange sulla mia casa. Dico sopra la mia terra. Fanculo, ero così male? Se m’avessero messo i tappi non sentirei quei pianti. Ma no, non è l’invidia. Il fatto è che non sopporto la gente, non l’ho mai sopportata. Quella che piange poi: piena di problemi, e tutta quella voglia di associarsi, di parlare. No. Io stavo da solo nella mia casa in centro. Io stavo chiuso nel mio giardino: erano mie le rose. Se potessi, guarda, metterei un cartello al posto della croce: alla larga, proprietà privata. 

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