31.1.18

Poniamo che in tutto il mondo non ci sia che un unico pane in grado di togliere la fame

... e che tutte le creature si sazino anche solamente col vederlo. Ora, la creatura - cioè l'uomo - ha l'istinto di mangiare quando è sano e, se non mangia, se non si ammala, se non muore, quella fame crescerà sempre di più, perché non viene meno quell'istinto. 
Lui è contento, perché conosce il pane che lo può saziare, tuttavia, per il fatto stesso di non averlo a disposizione, non può togliersi la fame.
Questo è l'inferno che vive chi ha una grande fame: più l'uomo si avvicina al pane senza poterlo vedere, più si accende il suo desiderio naturale, che istintivamente è tutto rivolto verso quel pane, in cui consiste la felicità. La certezza di non vedere mai quel pane è per lui l'inizio dell'inferno vero e proprio, quello che vivono i dannati, privati della speranza di contemplare l'autentico pane, Dio Salvatore.
Le anime del purgatorio invece hanno fame, sì, perché non vedono il pane di cui potersi nutrire, ma conservano la speranza del momento in cui potranno vederlo e saziarsene completamente; la loro pena consiste nel non poter soddisfare subito la fame. 

Santa Caterina da Genova, Trattato del purgatorio e altri scritti, Gribaudi, 1996