5.5.12

QUANDO IMPARANO CHE MIA SORELLA È IN CONVENTO

e vuole farsi suora, per un attimo si prendono il pugno. Poi riflettono un secondo, tirano l'aria, e mi dicono cose del tipo se è la sua strada o se così si sente benealmeno aiuta chi ha bisogno, quando spiego che non si tratta di clausura. Per loro è difficile fare conti del genere, dev'esserci sotto per forza qualcosa. Allora riducono il convento a una forma più radicale di bontà, che tua sorella è brava, e si sentono meglio, fa meno male il pugno. Mia sorella sta giocando tutto il tempo, e poco dopo i venti, è in convento: porta a chi muore la santa Comunione. Torna un poco a bruciare quel pugno: ché lei è pazza, o c'è un Dio risorto, che menata. 

9 commenti:

morena silingardi ha detto...

Io non ricordo cosa ti ho detto, ma non ho sentito un pugno. Io so che ho pensato che senz'altro l'ha voluto e meditato, e tanto basta a me per esserne felice. Mi piace quello che scrivi, grande rispetto per te.

Giorgio Casali ha detto...

Grazie Morena. Spero si capisca che l'oggetto di queste righe non è il fatto "grave" che qualcuna (mia sorella o la benedettina di san Giulio) entri in convento, ma il Dio risorto, anche se è all'ultima riga. Perché se Dio è risorto chiama tutti, e anche mia sorella: quindi a ragione dobbiamo esserne felici, senza ombre o pugni. Ma se Dio non è risorto, allora chi entra in convento sta buttando la vita, e non dovremmo esserne per nulla felici, dovremmo anzi dirlo e dirglielo a gran voce: "Stai vivendo nella menzogna". Però Dio è risorto, lo dico e lo riscrivo questo oggetto...

morena silingardi ha detto...

Il mio punto di vista è diverso, e tu lo sai. Non butta la vita chiunque scelga la sua strada nel rispetto di se stesso e degli altri, seguendo ciò che sente giusto per sé. Io credo che viva nella menzogna chi testimonia ciò a cui non crede, chi finge di non vedere che un suo comportamento limita la libertà di un altro. Si capisce benissimo l'oggetto delle tue righe, come si capisce che credi in ciò che scrivi. Ciò non toglie che io mi senta felice per tua sorella e non penso che stia buttando la sua vita, anche senza credere a ciò in cui credi tu.

Giorgio Casali ha detto...

Aldilà che si possa credere a cose diverse. Resta il fatto che se scegliessi di servire Dio, e Dio non esistesse, potrei essere anche la persona più buona, fedele, onesta e in buonafede della terra (che non uccide il prossimo e non danneggia la libertà degli altri), ma avrei vissuto nella menzogna.

Giorgio Casali ha detto...

Sempre aldilà che si possa credere a cose diverse... Se portassero il cadavere di Cristo davanti alla monaca, la monaca riconoscerebbe di avere fallito: perché lei voleva seguire Cristo, non ciò che sentiva giusto per sé. Nonostante la sua buonafede, avrebbe miseramente fallito...
Ma questi sono discorsi di Logica... torniamo all'oggetto. (A domani Morena...)

morena silingardi ha detto...

No, non avrebbe miseramente fallito, perchè avrebbe comunque fatto la sua scelta in perfetta buonafede. Sbagliato sarebbe per lei continuare a seguire Cristo anche dopo averne visto il cadavere, ancor peggio negare di averne visto il cadavere per non smentire la sua scelta iniziale. Ma queste sono mie convinzioni, ho grandissimo rispetto del tuo oggetto. A domani Giorgio, buona serata.

Giorgio Casali ha detto...

In questo caso, il problema è il fine della scelta: il fine della scelta è la buonafede o l'oggetto della scelta (di qualunque scelta)? Se il fine è la buonafede (o il "ciò che sento giusto per me") allora "va tutto bene", perché basterebbe essere in buonafede affinché tutto fosse lecito: ma allora lo stesso oggetto della scelta potrebbe essere "buono per me" e insieme "cattivo per te", il che non è razionale. C'è una verità dell'oggetto (qualunque verità) che s'impone per se stessa, è altra dal soggetto: e il soggetto è capace (se vuole) di riconoscerla per quello che è, non per quello che sente.
Se il fine della scelta è l'oggetto della scelta, e non la buonafede della scelta, viene per forza necessario il giudizio: o si ha vinto o si ha fallito (buona/cattiva fede del soggetto, l'oggetto è sempre quello, è altro dal soggetto).

morena silingardi ha detto...

Caro Giorgio, sai bene che questa nostra discussione potrebbe continuare a lungo... In effetti sono certa che sarà così, perché la mia risposta già avrei voglia di scrivertela. Mi trattengo solo per via degli impegni della giornata, ma ne riparleremo, stanne certo! Intanto comincia a pensare a tutte le implicazioni del termine buonafede...

Giorgio Casali ha detto...

Se uno dei due interlocutori non riconosce l'esistenza della verità (di qualunque grado, da "io che mi tocco la maglietta adesso" a "io che non mi tocco la maglietta adesso", da "dio non esiste" a "dio esiste") la discussione per forza di cose continua all'infinito, perché non si rimane sullo stesso piano. Stabilito, razionalmente, che la verità c'è, allora può partire una vera discussione (o "dialogo"), anche lunghissima, ma non infinita.
A stasera carissima Morena....
gio