6.8.21

Perché non parteciperò agli eventi condizionati dal green pass

Il 23 luglio 2021 è stato emanato il Decreto Legge n. 105 che, dalla giornata di oggi, impone, tra le altre misure, l’obbligo di possedere il cosiddetto "green pass" per accedere a diversi luoghi di aggregazione o partecipare ad eventi, compresi quelli di natura culturale: cinema, musei, teatri, concerti, ma anche presentazioni di libri e letture pubbliche, che personalmente mi riguardano.
Tralasciando le nuove assurdità previste dalla legge (assurdità cui purtroppo siamo abituati a sottostare da quasi un anno e mezzo, e che da oggi si incarnano in norme quali “bibita al bancone sì, bibita al tavolo no,”), non ho smesso di interrogarmi sul che fare di fronte alle prossime letture pubbliche e presentazioni dei miei libri, future o già in programma: cedere vaccinandosi subito? Munirsi, “più semplicemente”, del lasciapassare tramite tampone rapido di volta in volta?
Oppure, ancora, ascoltare la voce della mia coscienza che sussurra, e continuamente insiste, di non prendere parte a questa scellerata macchina di discriminazione e di esclusione sociale, che già da settimane sta dividendo – talvolta ferocemente – amici, parenti, colleghi di lavoro?
Altalenando, rispondevo a lei, alla coscienza, che si tratterebbe solo di pazientare un po’, qualche tampone per aver la tessera temporaneamente, poi o finirà l’emergenza o comunque ci ripenseranno, io intanto entro, non faccio un torto a nessuno”.
Ho smesso d'interrogarmi questa mattina quando, leggendo le notizie del giorno, sono venuto a sapere che, con nuovo decreto, dal primo settembre anche gli studenti e il personale scolastico verranno obbligati al green pass: dopo cinque assenze a casa senza stipendio. Mi dico: non finirà mai, non c’è nessun limite. E penso all’insegnante, all’operatore scolastico, padri di famiglia, costretti a scegliere se vivere senza salario, tamponarsi ogni due giorni a proprie spese, oppure crollare e cedere, assumendosi in toto il rischio di possibili danni alla propria salute, nonostante l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, nella Risoluzione 2361 dello scorso 27 gennaio, abbia raccomandato agli Stati membri – tra cui l’Italia - di «mettere in atto programmi indipendenti di compensazione vaccinale per garantire il risarcimento per danni indebiti e danni derivanti dalla vaccinazione». La stessa risoluzione che si è pronunciata affinché «nessuno venga discriminato per non essere stato vaccinato, per possibili rischi per la salute o per non volersi vaccinare». Parole ignorate da molti, compreso il nostro governo, che non obbliga all’iniezione ma discrimina chi non la fa tramite il ricatto di una tessera, rendendogli la vita e il lavoro difficilissimi.
Spero, ne sono sicuro, che questi tempi bui passeranno.
Ma passeranno grazie a gesti concreti di distacco, anche dolorosi, anche individuali. Se ci sarà qualcuno che a costo di perdere qualcosa decide di resistere, di non collaborare a questa infamia. Come ha già fatto Fabrizio Masucci, direttore del Museo Cappella Sansevero, che si è dimesso dall’incarico qualche giorno fa, e come sta facendo Federica Picchi, direttrice di Dominus Production, che da oggi sospende le proiezioni pubbliche dei suoi film. Ce ne sono altri, ce ne saranno altri. 
Tocca a ognuno di noi agire, nel proprio piccolo.
Pertanto non posso far finta di niente, né voglio contribuire con la mia presenza ad un meccanismo di esclusione e discriminazione arbitraria delle persone, “miei simili, miei fratelli” come scrisse Baudelaire.
Ho deciso, e non senza dolore, di non partecipare a tutti quegli eventi cui l’accesso sarà condizionato alla “tessera verde” in questione. Un contributo personale alla libertà mia e a quella di tutti.
Ben consapevole, purtroppo, di possibili futuri ostracismi nei miei confronti.
Non si potrà dire, tra qualche anno, che tutti i poeti sono stati zitti. 

Giorgio Casali

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